La ricerca e la cultura moderne sono fondate su un rispetto etico per la vita umana come obiettivo finale. In tale contesto, lo scopo dell’archeologia è gettare luce sull’umanità attraverso lo studio della formazione delle identità sociali e culturali, così come della nostra memoria collettiva contemporanea. Al centro della ricerca archeologica dovrebbe essere collocato il rispetto per l’umanità e l’aspirazione a contribuire alla pace e alla convivenza, ancor di più nella ricerca archeologica che si occupa delle società vittime di un conflitto armato.

La sospensione delle missioni archeologiche internazionali in Siria non è stata solo il risultato di una decisione politica. È stata, prima di tutto, la conseguenza di una preoccupazione morale per le sorti delle vite umane e del diritto del popolo siriano a sopravvivere. Purtroppo, un gruppo di colleghi dell’Università di Roma “La Sapienza” ha scelto di ignorare queste preoccupazioni etiche. Quest’anno alcuni colleghi de la Sapienza hanno iniziato i lavori di un nuovo progetto archeologico a Tell Ferzat, nell’entroterra di Damasco (Ghouta). Così facendo, hanno ignorato gli appelli delle istituzioni e delle figure accademiche a non compiere un passo così preoccupante. Ricordiamo a tutti che Tell Ferzat si trova a pochi chilometri dall’area che è stata attaccata con armi chimiche nel 2014, un’area la cui popolazione è stata in seguito sfollata contro la sua volontà o costretta a fuggire da una guerra brutale. Gli esuli della zona non hanno ancora potuto fare ritorno alle loro case. Questi colleghi italiani hanno anche annunciato la loro intenzione di riprendere i loro lavori archeologici in un altro sito (Tell Mardīkh, antica Ebla). I villaggi e le città dell’intera regione sono ora praticamente distrutti e sono stati svuotati dei loro abitanti, soprattutto dopo i più recenti attacchi militari avvenuti nel contesto di molteplici, violente minacce e a causa della drammatica povertà, largamente diffusa e crescente in quest’area. Questi colleghi avrebbero potuto dare una mano alle comunità locali, comunità che avevano chiesto loro una cooperazione per preservare il sito di Tell Mardīkh e i reperti custoditi presso il Museo di Idlib (compresi gli archivi reali di Ebla), ma questo non è avvenuto. Al contrario, un gruppo di archeologi siriani della provincia di Idlib ha lanciato diverse iniziative e progetti attraverso il Centro Archeologico di Idlib e in collaborazione con l’Associazione SIMAT “Syrians for Heritage” (ad esempio la protezione dei mosaici al Museo Ma’arat al-Nu’mān e la conservazione del Museo Idlib). Inoltre, questi progetti archeologici a Tell Ferzat e Tell Mardīkh contribuiscono certo a promuovere l’attuale retorica e propaganda del regime siriano, aggiungeranno carburante al conflitto politico e contribuiranno a trasformare anche l’archeologia in un’altra arma dell’arsenale militare, piuttosto che sostenerene il ruolo e l’importanza come veicolo / mezzo per il dialogo e il raggiungimento della pace. In accordo con i principi etici della ricerca archeologica e con il più elementare senso di responsabilità, nel rispetto, per la solidarietà e l’affetto nei confronti del popolo siriano, i firmatari di questa dichiarazione – gli archeologi siriani e gli esponenti della comunità internazionale di studiosi di archeologia siriana – condannano il palese disprezzo per la sofferenza del popolo siriano mostrato da parte dei colleghi responsabili dei due suddetti progetti. I firmatari di questa dichiarazione condannano non questi progetti archeologici ma che altri in corso (come la mission ungherese nella costa siriana), così come qualsiasi tentativo nel futuro di sviluppare altri progetti in Siria, poiché le condizioni umanitarie e la sicurezza dei luoghi, in un contesto così aggravato da guerra, minacce e povertà, non possono essere in nessun modo garantite. Si indica in particolare i progetti italiani perché essi sono intrapresi in aree dove sono avvenuti attacchi ad infrastrutture civili e a civili, dove i feriti e i malati non possono ad oggi essere curati e dove i prigionieri non sono trattati con umanità (in violazione del Diritto Internazionale Umanitario). I firmatari esprimono, inoltre, la loro più profonda preoccupazione per il sostegno istituzionale e finanziario che è stato e che verrebbe fornito a questi progetti. Di conseguenza, chiediamo un boicottaggio totale di questi due progetti e dei loro responsabili. Chiediamo che l’Università e il Ministero riconsiderino il loro riconoscimento istituzionale e finanziario a questi progetti e che tutte le parti coinvolte si impegnino, nell’imminente futuro, a rispettare gli sforzi dei loro partner europei e internazionali diretti, invece, a ricercare una giusta soluzione politica del conflitto siriano. 

SIMAT association “Syrina for Heritage”

Idleb Antiquities Center

Several Syrian archaeologists

Lo scopo di questa dichiarazione è difendere i diritti umani in Siria e l’etica in archeologica. Non abbiamo alcuna intenzione di diffamazione nei confronti dei nostri colleghi italiani. Al contrario, li invitiamo a riconsiderare la loro decisione e a collaborare insieme per il bene dell’umanità e della scienza.
Puoi firmare la dichiarazione cliccando qui

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLScpRCh75S0OeCRmWUoAbUglDXk3Lh1E1vQ34wodCmfrpGZG3w/viewform

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